Epica
uopaz - 21/01/13, 17:37
Il tripudio per la diciottesima non demorde in ventunesima volta, lasciando comunque spazio alla cavalleria degli inseguitori che, stendardi appannati, si dimenano vincolando astuti.
Trucida il Campione la follia degli avversari, avvampando con color granata, mentre inseguono moltitudine di neri e rossi, politicamente distanti da una classifica che si avvale di doppi stratagemmi.
Destrutturato appare il terzo che scompare, travolto dalla lokomotiva che nulla lascia al caso.
Nel caso che finissero le scelte, sempre compiacimento andrebbe a chi portò Catania vincente solitario in un porto di mare, flamassari lo chiamavano.
Addoloriamoci per il povero signo92 che centosettantaquattresimo in fondo langue, ultimo tra i costanti, ma primo tra gli incoscienti che per amore e furente passione mai abbassano le armi, la guardia, lo sguardo e perciò per lui anche gaudiamo solerti al morir del giorno, sobbalzando tra realtà e finzione come da un sogno che da nudi lembi di pelle ci trasporti verso la cruda terra chiamata sprugola.
Molti gli invitti e grande compiacimento per il seguito che non è ancora stato scritto ma il lento divenire alla metà del viaggio, spesso non lascia scampo a chi, incauto, danza tra le indecisioni figlie della paura o nipoti della finta spavalderia.
Chi coglierà il lavoro dello studio, nutrendo con lo sfarzo dell’incontenibile gioia, il tempo in cui ogni altro non potrà che volgere lo sguardo altrove e avanti, ancora verso l’invisibile orizzonte che di nuovo trasporta tutti verso l’incertezza e la nuova speranza?
Ma ancora non è finita, tuttavia. E ancora.
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